Obama fa autocritica: in Libia il mio peggior errore

Barack Obama

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WASHINGTON – Barack Obama ammette che il peggior errore della sua presidenza è stata «probabilmente» la mancanza di un piano strategico il giorno dopo l’intervento americano in Libia nel 2011, che portò alla caduta di Gheddafi.

Il presidente americano sceglie un’intervista a Fox News Sunday (catena tv da sempre politicamente schierata con il partito repubblicano) per quella che a prima vista può sembrare solo un’autocritica. Ma i tempi e la location non sono certo causali. Siamo alla vigilia di un possibile nuovo intervento in Libia, dopo la stentata creazione di un governo di unità nazionale guidato da Fayez al-Sarraj. Ma soprattutto manca appena una settimana al 19 aprile, quando a New York si svolgeranno le primarie per le presidenziali Usa del novembre 2016.

Non sfugge che con un colpo solo – secondo qualche osservatore – Obama ha assestato un fendente basso alla candidata del suo stesso partito democratico Hillary Clinton, potente e ascoltata Segretario di Stato nel 2011 proprio nel momento dell’attacco a Tripoli. E, non va dimenticato, sua tenace concorrente alle primarie del 2008. Tutto questo a una settimana dalle primarie 2016 a New York, dove la Clinton – già governatrice dello Stato – non può permettersi di perdere nemmeno un voto a vantaggio del suo concorrente in rimonta Bernie Sanders. Ma probabilmente Obama comincia a cambiare idea sulla candidatura di Hillary.

Ma al tempo stesso, con la medesima autocritica, il presidente uscente si prepara il campo per giustificare un possibile nuovo intervento a Tripoli, tentando di togliere argomenti agli avversari repubblicani. Fare autocritica, si diceva un tempo, non vuol sempre dire ammettere i propri errori passati, quanto pretendere di aver ragione adesso. Così Obama rassicura che sua «priorità assoluta» sia quella di arrivare alla sconfitta dell’Isis e come il suo «dovere numero uno» sia quello di proteggere i cittadini americani.

Non è la prima volta, negli ultimi tempi, che Obama riconosce che in Libia si sarebbe potuto far di più dopo la destituzione e la morte di Gheddafi. In quell’occasione di grande incertezza, Washington lasciò alla Francia e alla Gran Bretagna la guida delle operazioni militari Nato. Le conseguenze furono l’uccisione del dittatore libico (che nonostante i suoi limiti teneva in mano il paese) e l’inizio del caos in Libia. Di cui, cinque anni dopo, non si vede la fine.

 

 

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