Corvi in volo sulla Marina Militare, il caso De Giorgi
FIRENZE – Ci sono molti corvi che stanno volando sulla Marina Militare Italiana. Il presunto «dossier» contro il capo di Stato Maggiore ammiraglio Giuseppe De Giorgi, apparso ieri 12 aprile su due quotidiani nazionali e ripreso da altri media, la dice lunga – se ce ne fosse stato bisogno – su come si muove la lotta di potere nel nostro paese. Il problema di fondo però è che rischia di andarci di mezzo il morale degli oltre 30 mila militari di una forza armata da sempre invidiata per compattezza e spirito di corpo. Per il marinaio fare squadra è una scelta di vita, per convinzione o necessità: in mezzo al mare non c’è posto per i solisti.
ANONIMO – Non è un caso che a De Giorgi manchino solo due mesi dal termine del suo mandato alla guida della Marina: il 21 giugno compirà 63 anni e, come si dice in gergo, sarà «colpito dai limiti di età». E nel 2016-2017 tutti i vertici delle Forze Armate sono in scadenza. Ed ecco che alla vigilia del pensionamento di De Giorgi spunta un anonimo «corvo» che avrebbe spedito indiscrezioni e documenti d’accusa contro di lui indirizzandoli alle procure di Potenza e di Roma, alla magistratura militare, alla presidenza del Consiglio e al ministro della Difesa.
DOSSIER – È noto il contenuto di questo dossier anonimo, che in quanto tale in altre circostanze sarebbe subito finito nel cestino a far buona compagnia alle decine e centinaia di denunce non firmate che ogni giorno arrivano sui tavoli di magistratura e forze dell’ordine in ogni parte d’Italia. Ma quando c’è di mezzo una divisa militare, allora anche l’anonimato sparisce, come pure la presunzione d’innocenza sostituita da quella di colpevolezza. Tutta magari da dimostrare. Poi arriva subito la sentenza. Sempre per via mediatica naturalmente e difficilmente di assoluzione.
CAVALLO – Cosa dice il dossier? Il «corvo» scopre – a distanza di quasi 20 anni – che l’allora comandante dell’incrociatore Vittorio Veneto (disarmato nel 2006) Giuseppe De Giorgi avrebbe organizzato «feste» a bordo della nave nel porto di New York attendendo gli ospiti in sella ad un cavallo bianco «noleggiato» per l’occasione. Si parla anche di voli su aerei Falcon 20 utilizzati come taxi per uso privato, come di pure di commesse milionarie straordinarie autorizzate direttamente per migliorie da apportare alle nuovi navi della classe Fremm.
REPLICA – Non sta a noi giudicare. Lo farà, al caso, chi ha la relativa competenza. La Marina ha già replicato ieri sera 12 aprile alle accuse con una nota stampa (leggi qui il testo integrale) definendole «totalmente inesistenti» e l’ammiraglio De Giorgi ha già annunciato un esposto all’autorità giudiziaria.
Quello su cui è però opportuno riflettere sono alcuni aspetti della vicenda.
- Primo punto: il presunto dossier, se davvero anonimo, non può che essere uscito – destinazione due giornali – solo da (almeno) uno degli enti a cui è stato indirizzato: procure, Palazzo Chigi, Ministro della Difesa. Quello che in termini militari si chiama «fuoco amico». Non può certo averlo portato a mano il mittente. E una spedizione del genere difficilmente si fa con una mail. Ci vogliono giorni, per cui è tutta una questione nota non certo da poche ore e non, c’è da ritenere, uno scoop di fine giornata a pagine già chiuse.
- Secondo punto: il «corvo» non si firma (almeno così viene riferito), evitando così all’accusato la possibilità di querelarlo.
- Terzo punto: non è ancora un caso che tutto avvenga all’indomani dell’iscrizione di De Giorgi nel registro degli indagati dalla procura di Potenza per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze e concorso in abuso d’ufficio nel filone siciliano dell’inchiesta sul petrolio lucano (che vede coinvolti tra l’altro il compagno dell’ex ministro Federica Guidi). Su queste accuse De Giorgi deve ancora essere interrogato. Lo sarà venerdì 15 febbraio.
- Quarto punto (forse il più importante): da tempo circola la voce secondo cui per De Giorgi – al termine del suo mandato, per il quale non avrebbe neppure disdegnato una proroga – si potevano aprire le porte per diventare capo della Protezione Civile. E quando in Italia si parla di Protezione Civile scattano subito tanti «alert» in stanze importanti. Molti ricordano ancora il «caso Bertolaso» nel 2010, bloccato e messo fuori gioco da inchieste giudiziarie condite con presunti gossip, quando si ventilava l’ipotesi di una «Protezione Civile spa» con pieni poteri sopra anche le potenti gerarchie della Pubblica Amministrazione. Ora con De Giorgi il panorama non sembra troppo diverso.
Poi c’è un particolare, sfuggito ai più. Il «corvo» anonimo dice di essere un militare della Marina che non ha avuto «il coraggio di venire allo scoperto perché ho già abbondantemente pagato per non essermi piegato alle richieste del capo di Stato maggiore». Ma un marinaio, di qualunque grado e ruolo, non direbbe mai «comandante della Vittorio Veneto in sosta a New York» come sembra scritto nel dossier. Le navi militari si citano sempre al maschile: «il» Vittorio Veneto e non «la» Vittorio Veneto. È un errore da matita blu.
Non sembra dunque avere le stellette quel «corvo» a orologeria che sta cercando di centrare il capo della Marina e, volutamente o meno, gettare fango sulla divisa bianca di 30 mila marinai. Il «fuoco amico» va cercato altrove.
Chi è l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi: scheda
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