Osservatore Libero

La strana Italia che rincorre l’omicidio razzista

Ai funerali di Fermo erano presenti il presidente della Camera Laura Boldrini e il ministro  Maria Elena Boschi

Ai funerali di Fermo erano presenti il presidente della Camera Laura Boldrini (a sin.) e il ministro Maria Elena Boschi

ROMA – É stata una rincorsa fin dalle prime notizie. Una rincorsa a qualificare «omicidio razzista» l’uccisione del povero nigeriano di Fermo avvenuta martedì 5 luglio.

Quasi non sembrava vero, a chi scriveva o a chi dissertava o a chi elaborava analisi politiche, avere sotto mano l’omicidio volontario di un uomo di colore da parte di un italiano. Erano occasione e pretesto per poter parlare di razzismo, per promuovere ancora una volta l’accoglienza e soprattutto per poter dimostrare, con i fatti (a dire il vero un solo fatto… ma per loro più che sufficiente), che i pericoli non vengono dai profughi ma dai razzisti che arrivano persino ad uccidere per odio di pelle. Era l’occasione per fare, e per di più con tutta l’enfasi possibile, esercizio di progressismo che, da qualche tempo, sembra l’attività più ricercata da chi, per qualunque motivo, si esibisce pubblicamente. É come una frenesia che coglie costoro e che talvolta sfocia nell’eccesso.

Ed omicidio razzista è rimasto, anche dopo che si è scoperto che di razzista c’è sì qualcosa, ma è un insulto e non l’omicidio. Omicidio che non è volontario e non ha come movente il razzismo ma è l’epilogo di una lite trasformatasi in rissa. Così sulla spinta di certi media, dei politici e dei «radical chic», l’Italia è diventata un Paese di razzisti, quando invece accoglie centinaia di migliaia di profughi, li accetta per tutte le strade delle nostre città e ne accetta soprattutto anche intemperanze e rifiuto di integrazione.

L’Italia è diventata piuttosto un Paese di coatti, perché coatto è l’omicida e dal suo becerume e dalla sua rozzezza – e non dal «razzismo» – derivano i suoi comportamenti, al pari di quelli di tanti altri coatti, privi di cultura e di capacità intellettive e per nulla evoluti. Sono gli stessi che hanno ridotto in fin di vita un turista straniero che indossava la maglietta della squadra di calcio avversa o che prendono a pugni l’automobilista reo di non aver dato la precedenza. Anche in questi casi, come in quello del nigeriano di Fermo, non si tratta di razzismo. È scarsa evoluzione genetica e sociale.

Nondimeno i funerali del nigeriano sono stata un’altra occasione di ostentazione di progressismo e di parata del buonismo con la partecipazione di alte cariche dello Stato. Le stesse che hanno disertato i funerali dei nostri nove connazionali, trucidati a Dacca. Ma loro non si prestavano ad ostentazione di buonismo ed a facile propaganda.

 

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