Osservatore Libero

Firenze, 95 anni sola in casa, cade ma riesce a chiamare il 112

Una gazzella dei Carabinieri

Dalla centrale del 112 è partito l’allarme che ha salvato la signora in via Pacinotti

FIRENZE – Cade in casa da sola a 95 anni e trova la forza di chiamare il 112 dei Carabinieri. Una storia destinata a restare sepolta nelle centinaia di ogni giorno che non escono nella cronaca. Solo perché finita bene e perché fa parte del silenzioso e quotidiano operare verso chi chiede aiuto.

Protagonisti da un lato una signora, classe 1921, che vive da sola in un appartamento al 4° piano di via Pacinotti a Firenze. Dall’altro una gazzella del Radiomobile dei Carabinieri, Vigili del Fuoco e 118.

Tutto succede nel silenzio del pomeriggio del 16 agosto, quando verso le 15 la signora scivola in casa – non ricorda nemmeno perché – senza avere la forza rialzarsi. Prova a spostarsi per terra ma non riesce a trovare un appiglio. Tenta di chiamare aiuto, ma nessuno in quel momento nel palazzo riesce a sentirla. La figlia abita a Roma, troppo lontana. È il silenzio più assoluto, uno dei più lunghi dei suoi 95 anni. La sua fortuna è che, nonostante l’età e la caduta, la testa è ancora in grado di ragionare.

«Carabinieri Firenze buongiorno» risponde l’operatore del 112 alla chiamata che la donna riesce a fare dopo aver raggiunto in qualche modo il telefono. È la salvezza. Una gazzella del Radiomobile viene immediatamente dirottata su via Pacinotti e nel frattempo sono allertati il 115 e il 118. Dalla vicina caserma di via La Farina arriva un’autoscala dei Vigili del Fuoco. L’unica via d’accesso più rapida all’appartamento del 4° piano è una finestra che si affaccia sulla strada. Da lì entrano i pompieri e aprono la porta ai Carabinieri e ai sanitari del 118. Trovano la signora ancora per terra tra alcune valigie ma in buone condizioni e perfettamente in grado di rispondere alle domande. Poco dopo arriva anche una vicina di casa, che la conosce bene.

Inutile insistere: la donna non ne vuol sapere di essere accompagnata in ospedale per un controllo. «Sto bene grazie, tutto a posto» continua a ripetere. L’ipotesi del trattamento sanitario obbligatorio, riservato in particolare ai malati psichiatrici, è lontana anni luce.

J Vigili del fuoco rientrano in caserma. Sul loro registro annoteranno semplicemente «soccorso a persona». L’ambulanza del 118 riparte vuota e a sirene spente. La pattuglia dei carabinieri segnala via radio il tradizionale «Riprendiamo» alla Centrale operativa del 112, che intanto si sta mettendo in contatto con la figlia della signora. Il tempestivo e coordinato intervento dei soccorritori ha avuto successo.

La storia di «ordinario» soccorso finisce qui. Ma quanti casi del genere succedono ogni giorno? Decine, centinaia. In estate ancora peggio. E non sempre c’è la possibilità di arrivare in tempo a salvare una persona, chiusa in casa nella sua solitudine. Che oltre tutto non si sa mai con certezza perché cade a terra: scivolata o vittima di un disturbo peggiore? L’unico rimedio è, come sempre, il più difficile: stare vicino agli anziani, aiutarli a sapersi autogestire come è successo nel caso della signora di via Pacinotti, fare in modo che abbiano buoni rapporti con i vicini di casa, tipologia sempre più rara specie nei grandi condomini cittadini. Ma occorre ricordarsi in particolare che gli anziani hanno bisogno di noi, anche se non lo chiedono quasi mai. Per pudore, per vergogna o molto più semplicemente per amore.

 

 

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