Firenze, chiuso dalla polizia il supermarket della droga a San Salvi

Alcune banconote false (tutte con lo stesso numero) trovate dalla polizia

Alcune banconote false (tutte con lo stesso numero) trovate dalla polizia

FIRENZE – Rifornivano di droga decine di persone a qualunque ora del giorno e notte. Un «servizio» 24 ore su 24 che partiva da un rudere cadente nel cuore del parco di San Salvi a Firenze, a poca distanza da strutture dell’Azienda Sanitaria. Lo stesso che era stato sgomberato dalla polizia il 5 ottobre.

Ieri venerdì 21 ottobre sono scattate le manette a cinque magrebini (quattro tunisini e un marocchino), finiti in carcere con l’accusa in concorso, di spaccio e detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente. L’ordinanza di custodia cautelare era stata emessa dal Gip del Tribunale di Firenze Dolores Limongi, su richiesta del pm Giovanni Solinas. I poliziotti del Commissariato di San Giovanni stavano indagando da tempo sul traffico che si svolgeva all’interno di San Salvi. Tutto era partito alcuni mesi fa da segnalazioni di cittadini, anche di stessi clienti degli spacciatori. «Arrestateli – ha detto un fiorentino disperato che si è rivolto alla Polizia – non ne posso più. Ormai sono diventato tossicodipendente a causa loro, che più volte al giorno mi chiamano per offrirsi di portarmi droga. Non riesco a venirne fuori».

Tra i clienti anche un meccanico fiorentino, che andava al «supermarket» di San Salvi utilizzando auto di ignari clienti della sua officina. I poliziotti, che da tempo sorvegliavano la zona, avevano annotato il numero di targa. I relativi proprietari, successivamente contattati, chiarivano di non essere a conoscenza di nulla. Unico punto in comune era proprio il meccanico.

Complessivamente dalla polizia sono stati individuati almeno 70 clienti, una quindicina dei quali ascoltati come testimoni.

 

Materiale sequestrato ai cinque arrestati

Materiale sequestrato ai cinque arrestati

Il mercato era diventato fiorente. Il gruppo, capeggiato da un tunisino del 1989 chiamato Jabran, si riteneva inattaccabile e non rinunciava anche a usare metodi violenti. Nell’immobile fatiscente da loro occupato nel parco di San Salvi era stata trovata, durante un sopralluogo, anche una mazza da baseball oltre a materiale elettronico, computer e telefonini probabilmente di origine furtiva. C’erano anche banconote false di buona fattura (tutte con lo stesso numero) che venivano spesso utilizzate come “resto” al cliente che acquistava droga. Nello scambio clandestino della merce, rapido e spesso al buio, è quasi impossibile distinguere una banconota falsa da una vera. Una dose di cocaina (40 grammi circa) veniva venduta a 40 euro. Un giro d’affari complessivo di almeno 50-60 mila euro al mese.

Lo stesso Jabran, che aveva «arruolato» anche due suoi fratelli, si considerava un capo carismatico e invincibile. «Ma la sua arroganza è durata poco» ha commentato oggi il dottor Solimene, dirigente del Commissariato di San Giovanni, durante la conferenza stampa in questura.

Le ulteriori indagini hanno consentito di accertare che il luogo di riferimento dello spaccio era, fino all’agosto del 2015, un casolare abbandonato in via del Guarlone, nella zona di Coverciano. Poi dopo l’uragano del 1 agosto di quell’anno, il gruppo di nordafricani era poi tranquillamente traslocato nel parco di San Salvi. In uno stabile fatiscente, ma dove non mancavano le antenne paraboliche.

 

I poliziotti del Commissariato di San Giovanni durante la conferenza stampa

I poliziotti del Commissariato di San Giovanni durante la conferenza stampa

 

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Sandro Addario

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