Renzi e la nuova Questione Romana: la sua

Matteo Renzi sta pensando alla 'sua' Questione Romana

Matteo Renzi sta pensando alla ‘sua’ Questione Romana

FIRENZE – C’è una lettera di Matteo, non l’evangelista ma l’ex (per ora) Presidente del Consiglio, postata su Facebook nella notte tra sabato 10 e domenica 11 dicembre. Arriva dalla sua villetta di Pontassieve, al suo rientro da Roma con scatoloni, libri e abiti al seguito.

L’attenzione cade anche su alcuni passaggi: «Torno a casa davvero» seguito da un «Mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta». Quei due rafforzativi (‘davvero’ e ‘sul serio’) la dicono lunga sull’attendibilità delle sue parole e sulla necessità di continuare ad essere creduto. Una «questione romana» che non sembra chiusa, nonostante le apparenze.

PROMESSA O MINACCIA?

Che Renzi non sia (o comunque non si senta) arrivato al capolinea lo dice lui stesso. Stavolta senza ombra di dubbio o giri di parole. «Riparto da capo, come è giusto che sia» seguito da un «non ci stancheremo di riprovare e ripartire». Una promessa o una minaccia, direbbe qualcuno?

Il problema è che le premesse della (troppo) rapida ascesa di Renzi al potere nel biennio 2013-2014 non ci sono più o comunque si stanno rarefacendo. Come sempre succede dopo una sconfitta. Tutti (ora) danno la «colpa» al presunto decisionismo di Giorgio Napolitano, ma in tanti si scordano che Napolitano fu solo il notaio di tante istanze che spingevano sull’acceleratore per mandare avanti un giovane brillante ma soprattutto sacrificabile, se ce ne fosse stato bisogno. Dalla grande finanza, alla grande e media industria, alle stanze dei bottoni del potere in Europa. Tutte realtà alle quali Renzi avrebbe sempre e comunque dovuto rispondere.

POLVERE E ALTARE

Gli scettici di un tempo dicevano di lui «sotto la lingua niente», ma non furono ascoltati. E Matteo salì al potere. Oggi chi lo ha sostenuto è pronto a mollarlo o non c’è più. Vacillano le poltrone di Angela Merkel e di François Hollande. Il Regno Unito ha girato le spalle all’Europa. Ma soprattutto oltreoceano è scomparso l’asse Obama-Clinton su cui Renzi poteva contare.

Cosa farà Matteo adesso? Non c’è bisogno di scomodare Napoleone: «due volte nella polvere, due volte sull’altar» direbbe il Manzoni. Basta limitarsi al suo maestro di sempre, Silvio Berlusconi, più volte resuscitato dopo essere stato dato per finito.

A Renzi non converrà fare la vittima e cercare comprensione. La gente non ha tempo per commuoversi. Finché glielo permetteranno cercherà di continuare a gestire il potere pur da dietro le quinte. Spingerà probabilmente perché al suo posto ci sia un personaggio debole, tanto da evocare la necessità di un suo ritorno in campo. Quasi come nel 1944 i romani ironicamente gridavano «aridatece er puzzone» chiedendo il ritorno di Mussolini dopo le tante epurazioni di presunti o veri collaborazionisti.

MATTEO A CAPO DEL CENTRO DESTRA?

Ma c’è un’altra soluzione tutt’altro che assurda per un Renzi che ci ha abituato a tutto. Matteo potrebbe diventare il vero capo del centro destra. Matteo Renzi, non Matteo Salvini. Anzi di un centro che va da destra a sinistra senza le ali estreme. Nella destra ci sono troppi aspiranti capi. Nella sinistra difficile per Renzi recuperare consensi dopo le troppe prese di distanza interne. Nel paese reale (non in quello dei quotidiani talk show) cresce, più o meno apertamente, la voglia di un potere forte e duraturo che «pialli» il passato. Chiunque sia il nome del titolare. Renzi lo ha capito da un pezzo. E anche gli altri.

Intanto da Mattarella (che lui stesso ha messo al Quirinale, bene non dimenticarlo) Renzi fa mandare avanti Paolo Gentiloni. Pronto magari a dire tra breve: «Lui non è capace, io sì». Ma intanto Gentiloni, se riuscirà (come sembra) a formare un governo, lavorerà ancora per Renzi. Come pure l’anagrafe dell’ancor giovane ex (per ora) premier, attualmente disoccupato e senza vitalizio.

QUESTIONE ROMANA 2.0

La storia si ripete. Un suo avo nel 1913, Vincenzo Ottorino Gentiloni, fu l’artefice del Patto Gentiloni che portò all’alleanza i cattolici e i liberali di Giolitti, superando il «Non expedit» con cui papa Pio IX considerava inaccettabile che i cattolici partecipassero alle elezioni e più in generale alla vita politica italiana. Si era nel pieno della cosiddetta «Questione romana» (vedi) sui rapporti tra Vaticano e Regno d’Italia, risolta nel 1929. Oggi, a distanza di un secolo e su altri fronti, c’è una «Nuova questione romana 2.0». Quella che vede impegnato Matteo Renzi a riprendere la strada di Roma. E da battistrada, ancora una volta, per ora c’è un Gentiloni.

 

Una vignetta satirica molto diffusa sul web alla vigilia del Referendum del 4 dicembre

Una vignetta satirica molto diffusa sul web alla vigilia del Referendum del 4 dicembre

 

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Sandro Addario

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Commenti (2)

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    Pierpaolo Piras

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    Bene ha fatto Renzi a dimettersi ed assistere alle future manovre degli altri protagonisti dell’attuale politica italiana. Sa molto bene che nessuno ha intelligenza politica e abbastanza attributi tra le gambe per coprire un ruolo di leader in questo Paese. I prossimi mesi serviranno a dimostrarlo, con Lui a fare da commentatore critico e spettatore .
    Da un punto di vista politico non è cambiato granchè: i suoi uomini, Mattarella , il fido Gentiloni ecc. sono ancora al loro posto a “marcare il territorio”.
    Avrà maggiore tempo per migliorare le sue relazioni personali e politiche. In vista del Congresso del PD elaborerà le strategie più efficaci per emarginare (leggasi eliminare ) quella parte irriducibile, ancora ideologizzata, degli ex-comunisti (Bersani e D’Alema in testa) che, anche stavolta, mal sopportano il senso della democrazia.
    Staremo a vedere

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    Alessandro Gentili

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    Renzi è lo specchio degli italiani. Gli italiani, compresi quelli che dicono di odiarlo, incosciamente sono quasi tutti dei Renzi nella vita quotidiana. La realtà è che chi lo ha avversato spesso lo ha fatto per semplice invidia, perchè vorrebbe essere un Renzi e non ci riesce!
    Si, lo so, ho detto qualcosa che può fare male, ma la verità quando ci riguarda fa sempre male.
    Quindi teniamoci stretto il governo renziano e accontentiamoci. È il massimo che siamo in grado di esprimere. E ricordatevi che al peggio non c’è fine! E il peggio è in agguato. In questi giorni ho trasformato la mia simpatia per Salvini e per qualche suo simile con un profondo disprezzo: solo gente pronta a distruggere tutto pur di salvare se stessa! E quando costoro parlano si comportano come se noi che ci troviamo ad ascoltarli fossimo dei poveri scemi e se fanno e dicono ciò che fanno e dicono è evidente che considerano noi dei poveri imbecilli che ci beviamo le loro panzane.
    E’ piu’ forte di me; pensavo che la politica fosse l’arte suprema, ma da noi oggi non salvo nessuno! E quando dico nessuno, dico nessuno; per mio conto chiunque fa politica, a qualunque livello appartiene, va considerato oggi tra le peggiori espressioni della società. Una persona seria, oggi, preferisce sicuramente occuparsi di altro.

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