Naufragio di migranti siriani nel 2013, Malta chiarisca le sue responsabilità

Nave Libra, il pattugliatore della Marina al centro della vicenda del naufragio di migranti siriani nel 2013 nel Mediterraneo (foto dal sito Marina Militare)

Nave Libra, il pattugliatore della Marina al centro della vicenda del naufragio di migranti siriani nel 2013 nel Mediterraneo (foto dal sito Marina Militare)

ROMA – Il Gip di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione per tre dei sette militari italiani di Marina indagati per il naufragio di un peschereccio con a bordo almeno 300 siriani in fuga verso l’Italia. Il dramma di questi migranti avvenne l’11 ottobre 2013 nel Mediterraneo a circa due terzi della traversata tra la costa libica occidentale e Lampedusa, in una zona di competenza di Malta per il soccorso di naufraghi. La pubblica accusa aveva concluso le indagini, dichiarando che non c’erano gli estremi per rinviare a giudizio i sette indagati italiani. Da qui la richiesta di archiviare la loro posizione.

Per il tenente di vascello Catia Pellegrino, allora comandante di Nave Libra il pattugliatore italiano arrivato sul luogo del naufragio dopo la richiesta di intervento di Malta, il Gip Giovanni Giorgianni ha invece chiesto un supplemento di indagini. Una decisione resa nota lunedì 13 novembre 2017. Lo stesso Gip vuole valutare più compiutamente la posizione dell’ufficiale prima di decidere (o meno) l’archiviazione anche per lei. L’ipotesi è che il Libra sarebbe potuto arrivare prima a salvare i migranti in difficoltà, quando il peschereccio stava ancora navigando prima di rovesciarsi e affondare rapidamente.

Al tempo stesso il Gip ha anche ordinato alla procura della Repubblica di Roma di formulare un’imputazione «coatta» a carico del capitano di fregata Luca Licciardi della Marina, allora capo sezione attività reali/correnti del Comando in capo della Squadra Navale (Cincnav). Stessa decisione per il capitano di vascello Leopoldo Manna, allora in servizio presso la centrale operativa delle Capitanerie di porto. Entrambi potrebbero essere ritenuti responsabili di aver «colpevolmente ritardato» l’intervento di soccorso del Libra.

Una decisione quella del giudice Giorgianni che in pratica è una via intermedia, tra l’accoglimento della richiesta di archiviazione e il definitivo rinvio a giudizio dei due indagati. In sostanza il Gip è come avesse detto: «Non ci sono elementi per archiviare la posizione di questi due ufficiali, come richiesto dal pm. Formulate una precisa imputazione e su questa deciderò sul rinvio a giudizio o sul non luogo a procedere».

Archiviata la posizione dell’ammiraglio di squadra Filippo Maria Foffi, a quel tempo Comandante in capo della Squadra navale italiana (Cincnav), del capitano di fregata Nicola Giannotta in servizio quel giorno a Cincnav, degli ufficiali di turno alla centrale operativa della Guardia costiera, Clarissa Torturo e Antonio Miniero. Gli addebiti mossi ai vari indagati andavano, a vario titolo, dall’omissione di soccorso all’omicidio.

IL RUOLO DI MALTA

In tutta la storia del tragico naufragio dei migranti siriani, un ruolo finora mai chiarito con precisione in sede giudiziaria – sia pure in fase di indagini preliminari – è quello di Malta, che alle 13,05 di quel maledetto venerdì 11 ottobre aveva assunto la gestione dell’intervento in favore del peschereccio che aveva chiesto aiuto.

Non sembrano ci siano state rogatorie internazionali per interrogare le autorità competenti e accertare la condotta seguita dai maltesi in quell’intervento. Quello che risulta è che alle 15,30 un aereo ricognitore partito da La Valletta raggiunge il peschereccio. Il pilota, vedendo la precarietà del natante, avrebbe chiesto più volte via radio sul canale 16 delle emergenze l’intervento di Nave Libra. Una circostanza smentita però dalla comandante Pellegrino, che sostiene di non aver ricevuto nessuna chiamata. Un punto questo di cui il Gip Giorgianni vuole ricostruire i passaggi.

L’auspicio di tutti è che (finalmente) vengano sentiti anche i maltesi e che non si lascino zone d’ombra di nessun genere in questa vicenda. In particolare  bisogna che vengano fuori almeno fotografie del natante, che non possono non essere state scattate dal ricognitore maltese in volo. Altrimenti … che ricognitore era? Quello che è certo è che Malta è al corrente di quanto accaduto fino dalle 13 di quel venerdì e solo alle 17.14 (quattro ore dopo) chiede l’intervento degli italiani, come cerchiamo ora di ricostruire.

LA STORIA E I RETROSCENA DEL NAUFRAGIO

Ecco il quadro della scena del naufragio. Un peschereccio, del quale sembra non si conosca ancora il nome né si abbia una foto disponibile, parte clandestinamente nella notte del 10 ottobre 2013 dalle coste di Zuwara, un porto della Libia nord occidentale a 60 km dalla Tunisia.

IL REBUS DEI NUMERI

A bordo ci sono centinaia di migranti in fuga verso l’Europa. La maggior parte siriani. Il numero effettivo non è mai stato sicuro. Gli unici numeri certi sono le 212 persone salvate da Nave Libra della Marina militare e da un pattugliatore maltese, che vengono trasferite a Porto Empedocle, Lampedusa e Malta. A queste si aggiungono circa 30 salme recuperate in mare. Molto più incerto il numero dei dispersi. Un medico siriano, il dottor Mohamad Jammo che si trova sull’imbarcazione e perderà due dei suoi tre figli nel naufragio, parla di un numero oscillante tra 240 e 300 persone a bordo, durante le prime concitate telefonate con la Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana a Roma avvenute nella mattinata dell’11 ottobre.

Non si può escludere che – chiuse nella stiva del peschereccio – possano esserci molte altre persone, fenomeno purtroppo molto frequente. Specie se si tratta di africani in fuga. Ma di queste non resterà traccia.

LA PRIMA TELEFONATA

La prima richiesta di soccorso arriva alla IMRCC (Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo – Italian Maritime Rescue Co-ordination Centre) della Guardia Costiera alle 12,26 ora di Roma dell’11 ottobre. È il dottor Jammo, che sta utilizzando un telefono satellitare fornitogli da uno dei cinque scafisti, tutti poi rapidamente fuggiti a bordo di un motoscafo veloce che li raggiunge in mare aperto.

Individuata la posizione del natante anche attraverso il segnale del telefono satellitare, si verifica che lo stesso si trova in un punto del Mediterraneo a circa 110 km a sud di Lampedusa e a circa 220 km da Malta. L’area rientra nella competenza Sar (ricerca e soccorso) di Malta, che alle 13,05 comunica telefonicamente a Roma di assumere il coordinamento delle operazioni, confermato con un fax (richiesto dall’Italia) alle 14.35. È Malta che deve decidere cosa fare e come muoversi.

NAVE LIBRA IN ALLERTA

Nella zona sta operando la nave Libra della Marina militare italiana, in attività di vigilanza sui pescherecci italiani a rischio eventuali sequestri da parte di Tunisia o Libia nonché proprio di controllo dei flussi migratori. La presenza di Nave Libra – a circa 50 chilometri dal «contatto» (il peschereccio dei migranti) – è comunicata tempestivamente a Malta, unitamente a quella di due mercantili che potrebbero intervenire. Malta sta nel frattempo predisponendo l’invio di una motovedetta e di un aereo da ricognizione. In quel momento il peschereccio sta ancora navigando verso nord ovest, anche se – come il dottor Jammo aveva riferito – era stato bersagliato nella notte da colpi di arma da fuoco esplosi da una motovedetta forse libica che voleva bloccarlo. Non è chiaro se solo per impedirne la partenza o piuttosto per sequestrarne gli occupanti.

Cautelativamente il Cincnav (Comando in capo della Squadra Navale della Marina) dispone comunque che Nave Libra si tenga in zona, pronta a intervenire non appena Malta lo avesse chiesto. Viene fatta avvicinare al «contatto», che ancora naviga regolarmente, da una distanza di 27 miglia a circa 10 miglia. Senza una seconda nave di soccorso, che intervenga «parallelamente» ad un’altra, è molto rischioso avvicinarsi troppo ad un natante carico di migranti in cerca di aiuto. È successo spesso purtroppo che gli occupanti, alla vista di un mezzo di soccorso, si siano troppo esposti su uno dei fianchi della loro precaria imbarcazione, tanto da provocarne l’improvviso ribaltamento in acqua.

AVVISTAMENTO DAL CIELO

Una situazione del genere può essere successa, anche se non ci sono prove al riguardo, quel maledetto pomeriggio dell’11 ottobre. Da Malta si leva in volo un aereo ricognitore. Sono le 15, due (lunghe) ore dopo che La Valletta ha assunto il coordinamento delle operazioni. Il bimotore arriva in vista del natante dopo circa mezz’ora. Dalla sua rilevazione, comunicata al Rescue Co-ordination Centre di Malta, il peschereccio sta navigando in direzione nord-ovest ad una velocità tra 5 e 10 nodi. Un’andatura quasi normale per un’imbarcazione di quel tipo specie se «a pieno carico». In quel momento non sembra esserci bisogno di alcun allarme Sar (ricerca di naufraghi e soccorso) tanto che l’aereo segue la rotta del peschereccio proprio per verificarne la capacità di navigare, in attesa dell’arrivo della motovedetta maltese.

Alle 16,30 però le cose cambiano. Il pilota del bimotore si accorge che il peschereccio è fermo. Probabilmente si abbassa di quota per vedere meglio cosa sta succedendo. È ragionevole che gli almeno 240 occupanti dell’imbarcazione si siano sbracciati per farsi riconoscere. Se il numero dei «passeggeri» è ancora superiore (compresi quelli nella stiva) il caos supera ogni livello di guardia.

PESCHERECCIO ROVESCIATO

Sarà una coincidenza ma pochi minuti dopo le 17 Malta comunica a Roma che il peschereccio si è rovesciato e chiede formalmente l’intervento delle navi più vicine. Si passa dalla fase di «verifica della situazione» a quella di vero e proprio «Sar». Da Nave Libra e dalla più lontana Nave Espero della Marina militare italiana decollano i (già allertati) elicotteri di bordo. Giungono sulla verticale del naufragio uno dopo l’altro intorno alle 17,30. Del peschereccio nessuna traccia. È già rapidamente affondato. Il mare è pieno di persone che lottano contro la morte.

Dall’aereo maltese viene lanciata una zattera autogonfiabile. Dagli elicotteri italiani decine di salvagenti e altrettante zattere. Oltre 200 persone si salveranno. Alle 17,55 arriva il pattugliatore maltese, seguito a circa 10 minuti da Nave Libra. Si raccolgono i naufraghi sopravvissuti. I dispersi saranno sopraffatti dal freddo e dal buio della notte. Del loro numero non si avrà mai nessuna certezza, anche se nel cuore dei soccorritori la morte di una sola persona è sempre una sconfitta.

 

Un elicottero della Marina durante un sorvolo a bassa quota (foto S.Addario)

Un elicottero della Marina durante un sorvolo a bassa quota (foto S.Addario)

 

 

 

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Sandro Addario

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