Cambia il «Padre Nostro» in Francia, in Italia ancora no

Il Padre Nostro recitato dal cardinale Giuseppe Betori (al centro) durante la messa della Virgo Fidelis 2017 con i Carabinieri di Firenze

Il Padre Nostro recitato dal cardinale Giuseppe Betori (al centro) durante la messa della Virgo Fidelis 2017 con i Carabinieri di Firenze

PARIGI – Cambia il «Padre Nostro» nelle chiese cattoliche di Francia dal prossimo 3 dicembre. E per l’Italia? «Bisogna attendere l’aggiornamento del messale liturgico, che deve essere approvato dal Vaticano. L’auspicio è che possa avvenire entro un anno». Parole del cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori – raggiunto da OsservatoreLibero.it – che nel 2008 seguì la nuova traduzione della Bibbia, nella sua qualità di Segretario della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana.

COSA CAMBIA IN FRANCIA

Intanto i vescovi di Francia hanno già deciso. Dal 3 dicembre 2017 – prima domenica di Avvento e inizio dell’anno liturgico – per i fedeli francesi la sesta invocazione della preghiera più conosciuta da tutti cambia da «Ne nous soumets pas à la tentation» a «Ne nous laisse pas entrer en tentation». Non più dunque «non sottometterci (indurci)» ma «non lasciarci entrare» in tentazione. La decisione è della Conferenza Episcopale Francese (Cef), dopo l’ultima assemblea plenaria dei vescovi che si è svolta a Lourdes alla fine di marzo 2017. Un indirizzo gradualmente esteso a tutte le comunità francofone nei vari paesi del mondo.

Non è Dio che ci induce in tentazione, ma è Dio che può aiutarci a resistere davanti alla tentazione. Questo il senso della nuova invocazione di fede, che di fatto cambia una secolare tradizione. Non sarà facile né immediato modificare l’abitudine di chi recita (o solamente pensa) la preghiera imparata fin da piccoli. Ma è un cambiamento radicale.

LA NUOVA TRADUZIONE DELLA BIBBIA

Tutto parte dalla nuova traduzione liturgica della Bibbia, confermata nel 2013 dalla «Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti» del Vaticano. Tra le numerose modifiche c’era la nuova formulazione della sesta domanda del Padre Nostro, nel Vangelo di Matteo (6,13) e di Luca (11,4). Da quel momento si accese il segnale verde alle varie conferenze episcopali del mondo per modificare i rispettivi messali liturgici, ovvero il «testo base» di un sacerdote durante la messa.

E in Italia? La nuova traduzione italiana 2008 della Bibbia a cura della Cei ha introdotto la nuova espressione «non abbandonarci alla tentazione» al posto della tradizionale «non ci indurre in tentazione», versione letterale dal latino «ne nos inducas in tentationem». Una scelta «che lascia aperta l’interpretazione sia alla richiesta di essere preservati dall’entrare nella tentazione sia di essere soccorsi quando si è nella tentazione, evitando quindi di lasciar pensare che la tentazione possa essere opera di Dio». Parole del cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori che nel 2008 – da Segretario della Conferenza Episcopale Italiana – seguì personalmente le fasi del nuovo testo italiano della Bibbia.

«Venendo incontro al desiderio di molti – scriveva il cardinal Betori a quel tempo – si è voluto superare le difficoltà dell’attuale ‘non indurci in tentazione’, dove il calco del latino non offriva un’esatta visione dell’agire di Dio nei confronti dell’uomo. ‘Indurre’ in italiano si è sovraccaricato di una connotazione volitiva (‘introdurre’, ‘spingere dentro’) che non gli fa più dire la stessa cosa dell’’inducere’ latino o dell’«eisfèrein» greco nel passo biblico, dove era implicito un senso concessivo (‘non lasciar entrare’, ‘fai che non entriamo’)».

OPINIONI CONTRARIE 

Non mancano – come sempre – voci discordanti. Escludere a priori che Dio possa «indurre» in tentazione è errato, secondo alcuni commenti che circolano anche sul web. Il riferimento è, ad esempio, al passo della Bibbia (Genesi 22) quando Dio chiede ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco e – quando vede la sua fedeltà – manda un angelo a fermargli la mano. Ma anche al Nuovo Testamento (Matteo 4,1) quando Gesù «fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo». Un Dio che quindi mette alla prova l’obbedienza e la fede anche con la tentazione.

Da qui l’opinione che la nuova versione del Padre Nostro non sia tanto il frutto di un’aggiornata traduzione dei testi sacri ma di una nuova «interpretazione» teologica, magari in versione un po’ troppo buonista. E come tale discutibilissima. Per questo, probabilmente, la pubblicazione del nuovo messale in italiano dovrà ancora aspettare. Nonostante siano già passati quasi 10 anni dalla «nuova» Bibbia del 2008.

 

 

 

 

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Sandro Addario

Sandro Addario

Commenti (4)

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    Fabrizio Leoni

    |

    Sì, è ben accettabile a mio parere la proposta del cardinale Giuseppe Betori di Firenze alla Conferenza episcopale italiana, in realtà non nuova, poiché se ne discute almeno da un decennio nel nostro Paese, e credo sia da applicarsi anche in Italia la modifica! E’ preferibile alla vecchia dizione del “non c’indurre in tentazione”! Il “non lasciarci entrare in tentazione” del testo episcopale francese, può essere proposto come tale anche in italiano, o forse ancor meglio “non lasciarci cadere in tentazione”, per sottolineare ancor di più la debolezza dell’uomo e delle sue scelte! Senza mettere però in discussione la libertà lasciata da Dio all’uomo, il cosiddetto “libero arbitrio”. Ecco perché è meglio che sia abbandonata la vecchia espressione di “non indurci in tentazione”, perché di certo è meno attestata nella Bibbia e nei Vangeli, la prova della tentazione cui il Signore sottometterebbe l’uomo per saggiarne la sua fedeltà e resistenza al peccato, invero flebile, salvo eccezioni! Spero che la riforma del testo del Padrenostro venga adottata presto anche dalla CEI!

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    don Pietro

    |

    Abbiamo sempre un pensiero negativo sulla tentazione, vista sempre dal punto di vista morale: essere tentati da una strana forza oscura che ci induce a far del male. Chiaramente è anche così.
    Ma se la tentazione non fosse necessaria via di passaggio per decidere che persona si vuol diventare? In effetti Gesù fu “tentato” perché doveva “decidere” che Messia avrebbe voluto essere. Non sarebbe stato il Messia forte e vendicativo, guerrafondaio e violento, ma il Messia umile che “da lui la vita per le sue pecorelle”.
    La tentazione come l’inevitabile e drammatico bivio della scelta! Sempre siamo tentati, sempre dobbiamo scegliere! E se la scelta mi determina se essere in un modo o nell’altro, un uomo o un mezzo uomo, è un passaggio obbligato della mia umanità in crescita! Si, Dio “mi tenta”, mi mette nelle condizioni migliori per provare la mia libertà! La tentazione è il passaggio veritativo della mia libertà perché io possa manifestare la mia verità, la mia identità! Grazie Dio che mi hai fatto libero e mi “obblighi” il passaggio dalla tentazione; grazie Dio perché non mi abbandoni “durante” la tentazione ma suggerisci al mio cuore “come brezza leggera”, il meglio che io possa raggiungere.

    don Pietro Folino Gallo

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    Anna Maria Baglione

    |

    Il Padre Nostro è la preghiera più bella, viene direttamente da Gesù, sintesi dei suoi insegnamenti. Una preghiera breve, universale, facile da dire e da capire. Quasi un sospiro che viene dal cuore, con parole così semplici e naturali che tutti conoscono e condividono.
    Consegnata ai discepoli che ne sono stati gelosi custodi con il compito di diffonderla nelle varie comunità. È diventata la preghiera più importante dei cristiani, arrivata fino a noi solo con qualche lieve modifica.
    Dal 2008 si discute per cambiare una frase importante quella sulla tentazione. Se vogliono sostituire le parole “non indurre in tentazione con “Non abbandonarci alla tentazione“.
    Sì forse è giusto questo cambiamento che ci fa vedere un Dio padre meno severo più disposto ad aiutare chi a punire. Ma questa discussione non mi appassiona più di tanto. Perché? Il mio pensiero va ad una mia amica, volontaria della Caritas, che ogni giorno è insieme ai poveri, ai malati agli anziani per dare un sollievo alle loro sofferenze, con cibo, medicine, vestiario. Quando torna a casa non è contenta, vorrebbe fare di più. Ha dovuto mandare indietro alcune persone senza poter dar nulla perché le risorse sono poche. Sono andata a trovarla, stava recitando il rosario. Forse per lei la sostituzione di quelle parole sulla tentazione non è poi così importante, per lei la cosa più importante sarebbe avere la possibilità di soddisfare tutti bisogni dei suoi assistiti.

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    Elena Rigacci

    |

    Ho letto con sttenzione i commenti dei lettori, e non solo l’articolo, per capire come veniva recepito dai credenti. Come insegnante di religione, quando devo spiegsre il Padre nostro a dei bambini di 7-8 anni ho accettato con sollievo le indicazioni del 2008 che rendono molto più facile il concetto della tentazione e dell’ aiuto che Dio può darci per non cedervi. Per un adulto, come ha scritto don Pietro, il discorso è più complesso, ma penso che quello che può essere più facile da capire per un bambino lo sia anche per un adulto senza una grande istruzione religiosa

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