Garagozzo, ex direttore Agenzia delle entrate, dovrà risarcire 7 milioni allo Stato

L'ufficio provinciale di Firenze dell'Agenzia delle Entrate

L’ufficio provinciale di Firenze dell’Agenzia delle Entrate

FIRENZE – È stato condannato a risarcire allo Stato oltre 7 milioni di euro l’ex direttore provinciale di Firenze dell’Agenzia delle Entrate Nunzio Garagozzo, 61 anni di Bari. Lo ha deciso la Corte dei Conti della Toscana, con una sentenza della Sezione Giurisdizionale (n° 117/2018 qui il testo) pubblicata mercoledì 2 maggio, che accoglie integralmente la richiesta della Procura Regionale della stessa Corte. Una somma che probabilmente l’Erario vedrà però con il binocolo.

I fatti, che risalgono al 2010, vedono coinvolti l’ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate (licenziato nel 2013) e e la società fiorentina «Impresa dr. Ing. Giovanni Tognozzi spa», dichiarata fallita nel marzo 2014. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, Garagozzo aveva incassato una somma di 50.000 euro per consulenze fiscali alla stessa società di costruzioni Tognozzi. In cambio l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate avrebbe agevolato la società medesima procurandole un «risparmio» di imposte, con la firma di «atti tributari illegittimi». Un danno all’Erario che la Corte dei Conti ha definitivamente accertato in 6,9 milioni di euro oltre a stabilire, a carico dell’imputato, un ulteriore danno d’immagine per l’Agenzia delle Entrate per 200 mila euro.

In sede penale, nel 2014, Garagozzo aveva patteggiato la condanna per corruzione a due anni e sei mesi. Dopo quattro anni la sentenza della Corte dei Conti al maxi risarcimento (a carico di una sola persona imputata) di ben 7 milioni di euro. Una decisione presa dai giudici in camera di consiglio il 10 maggio 2017 ma depositata il 2 maggio 2018. Un anno dopo. I tempi della Giustizia contabile sono anche questi.

«Ci sono tutti gli estremi per impugnare questa sentenza presso le Sezioni Centrali della Corte dei Conti di Roma» commenta a caldo l’avvocato fiorentino Francesco Bertini, uno dei due difensori di Garagozzo. Quest’ultimo aveva tra l’altro «chiesto la sospensione del giudizio, in attesa degli esiti definitivi del processo penale a carico dei privati imputati della corruzione». Come dire: guardiamo anche il corruttore, non solo il corrotto. «È vero che Garagozzo ha patteggiato in sede penale – prosegue il difensore Bertini – ma avevamo prodotto numerosi elementi idonei a dimostrare la legittimità della sua attività di direttore. Fatico a comprendere come si possa affermare che vi era una sicura illegittimità: nel procedimento erano intervenuti, sottoscrivendo atti, anche altri funzionari dell’Agenzia delle Entrate, verso i quali non sono state mosse contestazioni».

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Nota:

L’accertamento e l’entità di una corruzione spetta ai giudici e non ai cronisti. Il pubblico ministero fa meticolosamente il suo lavoro, l’imputato si difende, i giudici decidono. Fin qui tutto regolare. Il cittadino si chiede però come e quando lo Stato potrà davvero recuperare quei 7 milioni di euro. Ovvero se non resteranno solo una cifra vera ma al tempo stesso simbolica, perché praticamente impossibile da incassare totalmente da una persona fisica.

Fu proprio lo stesso giudice Amedeo Federici, presidente della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti della Toscana, a dire in conferenza stampa all’inaugurazione dell’anno giudiziario contabile 2018 che un problema resta l’effettivo recupero delle somme. «Un tempo non si andava oltre il 5% – disse Federici – oggi mediamente si arriva al 20%». «Compito della Corte dei Conti – aggiunse il presidente – è fornire all’ente pubblico danneggiato un titolo esecutivo per avviare la procedura di recupero delle somme che gli spettano». Ma avviare non vuol dire sempre arrivare in fondo.

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Sandro Addario

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