Ucraina, 15° giorno di guerra. Cosa rischia la Nato

Il generale di corpo d'armata (aus) Marco Bertolini, già a capo del Comando Operativo di Vertice Interforze
Il generale di corpo d’armata (aus) Marco Bertolini, già a capo del Comando Operativo di Vertice Interforze e capo di stato maggiore Nato in Afghanistan

LIVORNO (10 marzo 2022 ore 21:00) – Generale Bertolini, Mosca sostiene che «la Nato usa l’Ucraina come cavallo di Troia per sferrare un colpo nucleare alla Russia». È una tesi priva di fondamento?

Sono certo che una escalation nucleare non convenga a nessuno. Non conviene né alla Nato né ai suoi membri europei che vedrebbero le loro popolazioni ed il loro territorio esposti ad una minaccia spaventosa. Ma non conviene neppure alla Russia che sarebbe altrettanto esposta a strike. 

Cosa dovrebbe temere la Russia?

Resta il fatto che certamente la Russia percepisce l’allargamento ad est della Nato come una minaccia che, in particolare, potrebbe escluderla dall’agibilità del Mar Nero e del Mediterraneo e da ogni collegamento con il vecchio continente, trasformando un paese di antica cultura e tradizione europea in un avamposto asiatico. Una prospettiva che per una ex superpotenza che coltiva l’ambizione di tornare ad essere protagonista in ambito mondiale non è accettabile.

Cosa può fare e cosa rischia la Nato in questo momento? 

A parte i rischi ai quali sono esposti i suoi membri europei, con particolare riferimento a quelli continentali, al crescere delle tensioni, dopo un iniziale compattamento su una linea di comprensibile condanna dell’offensiva russa, potrebbe subentrare un progressivo emergere di diversi approcci nazionali nei quali sono gli interessi specifici dei singoli paesi a farla da padrone. 

Ad esempio?

Già lo vediamo con il differente profilo adottato da Francia e Germania, ma non solo, rispetto all’intransigenza britannica. I primi continuano infatti ad avere rapporti con la Russia e le telefonate tra Macron, Sholtz e Putin si susseguono, mantenendo accesa la speranza di un negoziato. Anche la Turchia, membro Nato importantissimo per il suo potenziale militare e la sua posizione geografica, ha adottato una postura decisamente prudente che ora gli consente di giocare un ruolo importante nelle trattative. 

E l’Italia?

Inutile far notare che l’Italia è sostanzialmente scomparsa dalle cronache, a conferma di una politica estera balbettante che già aveva dato prova del suo profilo quando non si oppose ai bombardamenti anglofrancesi e americani in Liba, con la quale avevamo intessuto una rete di contatti molto promettenti per la nostra imprenditoria. Che in questa ex colonia italiana la Turchia si sia sostituita al Bel Paese è ovvio.


La Nato svolge davvero sempre un ruolo “difensivo” dei propri stati membri, come previsto dall’articolo 5 del Trattato di Washington del 1949? Afghanistan e Kosovo sono state e sono operazioni difensive? 

Con la caduta della Cortina di Ferro l’alleanza era a rischio estinzione, per mancanza di uno scopo. Ci pensarono le operazioni di pace e i tentativi di esportazione del modello occidentale nel terzo mondo a trovare nuove ragioni per tenerla in vita, anche se fallimenti come quello afghano ne abbiano dimostrato la fragilità. Certamente, la sua natura difensiva delle origini è venuta via poco per volta attraverso impieghi, come quello in Kosovo nel 1999 appunto, che di difensivo avevano poco.


Potrebbero convivere Nato e una forza di difesa comune europea, più volte evocata specie in questi ultimi giorni? 

Certamente una forza di difesa comune Ue nascerebbe con la tara dell’assenza di una politica estera comune, come provato in Libia. Sarebbe a mio avviso destinata a una naturale subordinazione alla Nato, animata e condotta da tre quinti dei Five Eyes (Usa, Regno Unito e Canada) che invece hanno una politica estera comune e riconoscibile. Nonché la forza e la determinazione per sostenerla.

GUERRA LAMPO?

In molti pensavano (e forse speravano) che l’invasione russa in Ucraina fosse una guerra lampo?

Credo che l’invasione di un paese grande come l’Ucraina e difeso da un esercito organizzato e ben equipaggiato, retto da quadri che conoscono bene i comandanti che fronteggiano per essere stati formati con analoghi criteri, sulla stessa dottrina e, almeno relativamente ai più anziani, nelle stesse scuole militari, non possa essere sbrigata come una scorreria in una landa deserta. 

Quindi non era possibile uno scenario diverso?

Una offensiva più rapida implicherebbe lo sviluppo di una forza maggiore di quella verosimilmente pianificata, anche per evitare eccessive distruzioni. Soprattutto però, l’esercito ucraino combatte eroicamente e con onore contendendo ai russi il territorio nazionale in uno scontro terrestre come non se ne sono visti dalla seconda guerra mondiale. 

Intanto però chi ci rimette di più è la popolazione ucraina che, nelle immagini che vediamo in occidente, sta soffrendo moltissimo

Non c’è dubbio che la popolazione sta affrontando una durissima prova. Ma dobbiamo anche tenere conto che in Ucraina coesistono popolazioni diverse e che tra ucraini e russi, nel Donbass, una guerra era già in atto da otto anni. Ma alla sofferenza dei deboli, dei bambini, non ci si abitua e, comunque, non ci si può rassegnare. 

Come reagire?

È necessario il negoziato ed è su questo che la comunità internazionale si dovrebbe impegnare davvero, anziché elevare i termini dello scontro con l’adozione di toni incompatibili per società che si dicono da sempre amanti della pace. Dobbiamo spegnere questo incendio, non alimentarlo.

Un'immagine della città ucraina Kharkiv bombardata dai russi
Un’immagine della città ucraina Kharkiv bombardata dai russi

LA CINA

Quale può essere il ruolo della Cina sullo sfondo della crisi nel cuore dell’Europa? 

Direi che il ruolo della Cina in questa fase è cruciale. Da un certo punto di vista godrà di una maggiore sinergia economica con la Russia e probabilmente potrebbe trarre vantaggio della focalizzazione occidentale in Ucraina per le sue mire in Asia, con particolare riferimento a Taiwan, e in Africa. Detto questo, credo che per ora il Dragone si accontenterà di guardare quello che sta succedendo, magari cercando di ricavarsi un ruolo di mediazione che potrebbe rivelarsi importante in futuro. Ma i Cinesi, che fanno ormai parte anche del nostro panorama antropico, sono una realtà difficile da decifrare.

Una ipotetica caduta di Putin che conseguenze potrebbe avere?

Credo che sarebbe colta con sollievo da molti paesi occidentali, con particolare riferimento da quelli che si sono espressi con manifestazioni anti russe più crude e che, per questo, si sono tagliati molti ponti dietro le spalle. Ma in ogni caso, sarà difficile per tutti superare l’antipatia dimostrata da episodi come quello riferito al direttore d’orchestra russo impedito di dirigere un concerto perché non ha voluto prendere le distanze dal suo paese in guerra, agli studenti russi esclusi dai corsi universitari, al seminario sul grandissimo Dostoievsky cancellato o agli atleti disabili esclusi dai giochi paralimpici. E non credo che simili dimostrazioni di avversione quasi “razziale” potranno essere dimenticati anche da una nuova dirigenza a Mosca. 

Torniamo ai giorni nostri. Oggi è il 15° giorno di guerra. I colloqui Lavrov Kuleba si sono chiusi senza risultato dopo appena poco più di un’ora

Si. Ma i due responsabili delle politiche estere dei due paesi europei in guerra tra di loro si sono incontrati, dopo che lo hanno fatto i loro delegati in Bielorussia. E credo sia significativa la sede scelta, in un paese Nato come la Turchia. Il fatto che abbiano affermato di voler continuare la trattativa è già un risultato importante. Ma bisogna fare alla svelta, prima che il cumularsi di lutti e rancori tolga la forza per negoziare, lasciando come unica strada la sconfitta militare di uno dei due avversari, con le conseguenze sociali, psicologiche e morali che si trascineranno per generazioni

Generale Bertolini, l’esercito russo è in difficoltà davvero o è una strategia attentamente preparata?

Chi può dirlo? Non conosciamo la pianificazione russa e cerchiamo di ricostruirla leggendo gli eventi. Ma non conosciamo né l’end state tattico, né quello strategico, né quello politico che si ripromette Putin. Quando le operazioni sono in svolgimento e se ne hanno notizie solo da una parte, quella ucraina in questo caso, fare valutazioni è difficile.

OBIETTIVO ZALENSKY

Se uno degli obiettivi militari era «neutralizzare» il presidente ucraino Zalensky, come mai in 15 giorni i russi non ci sono riusciti?

Forse anche perché non c’era questo obiettivo. L’eliminazione di un capo dello Stato può essere funzionale all’invasione di un paese, non ad una fine concordata con un negoziato che evidentemente era nelle intenzioni russe e che, senza l’interlocutore avversario, sarebbe impossibile.

In tema di corridoi umanitari che non funzionano, Mosca accusa l’Ucraina di utilizzare la popolazione civile come scudo umano. Secondo i russi l’ospedale pediatrico di Mariupol (attaccato da Mosca ndr) era utilizzato come base militare dal battaglione estremista Azov. È così in tutte le guerre?

Anche in questo caso abbiamo notizie scarne e per lo più di provenienza ucraina. In linea di principio posso solo osservare che l’eventuale fuoriuscita di tutti i civili dagli abitati oggetto di scontri, con particolare riferimento a Mariupol, toglierebbe all’attaccante ogni remora ad usare tutta la forza disponibile per conquistare un obiettivo strategico per la sua posizione.
 
Ultimo commento: come vede l’atteggiamento discriminatorio in atto anche in Italia verso cittadini russi?

Inqualificabile e vergognoso.

CHI È IL GENERALE BERTOLINI

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Sandro Addario

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