FIRENZE – «Quando sono entrato in Polizia nel 1988 non c’erano i telefoni cellulari. Esistevano piccoli prototipi di apparati che erano nelle macchine e non c’era ovviamente tutto il mondo del web. Oggi dobbiamo confrontarci con un mondo che si è trasformato in maniera radicale. Dobbiamo saper sviluppare la resilienza, la capacità di adattarsi al cambiamento».
Lo ha detto a Firenze il prefetto Vittorio Rizzi, neo vicedirettore dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) e già vice capo vicario della Polizia di Stato. L’occasione è stato un convegno organizzato giovedì 12 settembre a Palazzo Vecchio dalla Fondazione Insigniti Omri e dalla Questura di Firenze sul tema delle investigazioni di polizia. Erano presenti tra gli altri il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, la sindaca di Firenze Sara Funaro, l’onorevole Dario Nardella parlamentare europeo, il questore di Firenze Maurizio Auriemma, i prefetti Maria Laura Simonetti (presidente del comitato provinciale di Firenze della Fondazione) e Luigi Varratta. Molto applaudito Graziano Cioni, già parlamentare e assessore comunale fiorentino fino al 2009, noto anche con il soprannome di «sceriffo». L’evento si è aperto con l’Inno nazionale cantato dal tenore Francesco Grollo.
Tra gli indirizzi di saluto, il prefetto Francesco Tagliente (già questore di Firenze e Roma, nonchè prefetto di Pisa) ha sottolineato gli scopi e le attività della Fondazione Insigniti Omri di cui è presidente. La fondazione annovera in tutta Italia personalità insignite di onorificenze al Merito della Repubblica, che mettono la propria esperienza e competenza professionale al servizio del Paese.
LA CYBER TRAPPOLA
Numerosi i temi trattati da Rizzi. «Oggi – ha detto tra l’altro – attraverso il passaggio dall’era digitale e agli albori dell’era quantistica, la comunicazione è diventata globale. È possibile parlare in tutti i paesi del mondo, come è possibile mascherare la propria identità. Si chiama spoofing, la possibilità di assumere un’altra identità, un’altra voce, un’altra collocazione geografica. Oggi la grande criminalità comunque non usa più il telefono parla sulle piattaforme criptate».
Da qui l’occasione per il prefetto Rizzi di raccontare come, dopo tanti anni di latitanza, venne recentemente arrestato un boss della ‘ndrangheta rifugiatosi in Brasile. Venne individuato grazie ad una «cyber trappola», una piattaforma digitale realizzata dal Fbi e venduta in tutto il mondo -attraverso agenti sotto copertura – come un sistema di comunicazione non intercettabile. Viene acquistata da centinaia di criminali, riferisce Rizzi, tra cui il superlatitante italiano. Tra le sue comunicazioni, che ritiene criptate, fissa un appuntamento con un complice. Ma tutto viene seguito dal Fbi che avvisano i carabinieri italiani che partono per il Brasile e lo arrestano.
FIUTO DELL’INVESTIGATORE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Sul tema del rapporto tra investigazioni e intelligenza artificiale Rizzi si dichiara favorevole ad una integrazione perchè «proprio da investigatore ritengo perché l’intelligenza artificiale possa di gran lunga essere di aiuto in tanti campi». «Occorre però fare attenzione – aggiunge – perché l’intelligenza artificiale non dovrà mai intervenire nel lavoro di giudizio che deve rimanere dell’uomo. Come nel caso dell’attività di un magistrato ad esempio». Cosa altrettanto fondamentale – precisa – è «che ne sia normato l’utilizzo. E non basterà una normazione nazionale, ma occorre quantomeno una regolazione comunitaria perché in questo millennio confini non ce ne sono».